Jacques-Paul Migne editore – L’abate nemico dei Lumi

La grandiosa impresa di un giovane prete nato due secoli fa che riuscì a pubblicare oltre mille titoli di una «Biblioteca del clero». Ancora oggi è noto per la Patrologia latina e greca: centinaia di volumi in cui sono raccolti i testi dei Padri della Chiesa. Tradizionalista sul piano ideologico fu un moderno, spregiudicato imprenditore. Oggi la sua maggior fatica si trova anche in Cd

di GIAN LUCA POTESTÀ

«La prima volta che visitai a Montrouge le officine di don Migne, un impiegato mi disse: “Entrate in questo magazzino, prendete la via della Bibbia a destra, poi la via Bossuet a sinistra, e al termine troverete il reverendo Migne, sulla piazza dei Padri della Chiesa”. E in effetti, attraversai lunghi corridoi formati da pile enormi di volumi in quarto, e all’estremità del magazzino trovai don Migne, che indicava, sulla piazza dei Padri della Chiesa, lo spazio riservato all’edificio di Tertulliano».

Così si presentava, intorno alla metà dell’Ottocento, Jacques-Paul Migne a un visitatore della sua industria tipografica ed editoriale. Se oggi qualcuno sa ancora chi è “il Migne”, lo si deve a due collezioni di fonti legate al suo nome, presenti nelle principali biblioteche e ancora utilizzate dagli studiosi di storia e di letteratura antiche e medievali: la Patrologia latina e la Patrologia greca. La prima raccolta, 217 volumi più 4 di indici, comprende testi latini dalle origini fino a Innocenzo III (l’opera completa è da qualche anno disponibile su CD-Rom). La seconda comprende 161 torni, con testi dalle origini del cristianesimo fino al Concilio di Firenze (1438-1439).

Le due serie rappresentano solo una parte della produzione di Migne. Prima di avviarle, aveva già pubblicato circa 400 titoli. Alla fine ne avrà realizzati oltre un migliaio, nella massima parte inseriti in un vasto progetto denominato “Biblioteca universale del clero”, comprendente fra l’altro un “Corso completo di Sacra Scrittura” (25 volumi), un “Corso completo di teologia” (25 volumi), tre serie di enciclopedie teologiche (in tutto 171 volumi), un “Corso completo di storia ecclesiastica” (27 volumi). Fu un’impresa grandiosa, nella quale si rivelano alcuni tratti caratteristici del cattolicesimo francese di metà Ottocento e i lineamenti emblematici di un imprenditore dedito a una disciplina ascetica del lavoro, tradizionalista sul piano ideologico e culturale quanto moderno e spregiudicato per le strategie di pubblicità e vendita.

Nato in Alvernia il 5 settembre 1800, il giovane prete era subito entrato in contrasto con ambienti liberali dopo la proclamazione della «monarchia di luglio». Rimarrà sempre contrario a ogni forma di progressismo politico e sarà lungamente sorvegliato dalla polizia in quanto sospettato di simpatizzare per la causa legittimista. Trasferitosi negli anni Trenta a Parigi, comincia a dedicarsi alle attività editoriali. Comprende subito di disporre di un vasto pubblico potenziale, il clero, in ripresa numerica dopo la crisi della Rivoluzione. In particolare la nuova generazione di sacerdoti ordinati fra il 1820 e il 1840, immediatamente utilizzati per sostituire il clero di Antico Regime decimato e invecchiato, ma immobilizzati nelle campagne; ferrati nel latino e nella teologia morale, ma ignoranti della tradizione dottrinale della Chiesa e della Modernità. Migne guarderà a loro, cercherà di trasformarli in altrettanti acquirenti dei suoi giornali (in cui non mancano mai rubriche e pareri giuridici per il basso clero) e delle sue collezioni di testi e di enciclopedie.

A Parigi comincia dal giornalismo. Gli intenti risultano definiti già nel suo primo quotidiano, l’Univers religieux (poi l’Univers), che iniziò ad uscire nel 1833. Pensato per il clero, prometteva di aggiornare su tutto ciò che uscisse pro o contro il cattolicesimo. Raccolse subito 1.800 abbonati, ma andò presto in crisi. Realizzato in maniera frettolosa e approssimativa da redattori di idee diverse, privo di una chiara linea editoriale, deluse in particolare gli ambienti’ cattolico-liberali, che avevano guardato con interesse alla sua nascita. Ma, soprattutto, la sua immagine venne presto danneggiata dall’azione legale intentata da un editore rivale, che lo accusò di ricopiare a man bassa dai concorrenti.

Venduto l’Univers, Migne ritornò a produrre giornali solo dal 1846. Ne realizzò altri quattro. Contrari all’Illuminismo, al Positivismo e alla Riforma protestante, si presentano come «giornali riproduttori», in quanto non fanno che riproporre articoli presi da altre testate. Le forbici hanno preso il posto del redattore. Migne non si curava di segnalare le fonti, di chiedere autorizzazioni e pagare i diritti d’autore, di verificare le notizie che pubblicava. Fu quindi più volte denunciato e condannato, per diffusione di notizie false e per contraffazione e riproduzione non autorizzata. Si difendeva affermando di non sapere neppure che cosa precisamente pubblicassero i suoi giornali: «Sono uno degli uomini più occupati della Francia, perché la mia impresa è senza dubbio la più notevole che sia mia esistita nel settore tipografico. Di qui la necessità materiale, per me, di avere fiducia in alcuni redattori e correttori, e la mia impotenza a leggere perfino la decima parte di ciò che stampo». Questi giornali, realizzati in economia e vissuti ciascuno solo qualche anno, furono comunque utili come supporto pubblicitario delle grandi iniziative librarie.

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L’impresa di Montrouge venne avviata nel 1838, probabilmente grazie ai proventi della vendita dell’Univers. Gli Ateliers catholiques furono un’azienda notevole. Nel 1842 vi lavoravano già 300 dipendenti, nel 1854 erano 596 (più altrettanti collaboratori esterni): compositori, tipografi, editori di manoscritti e curatori di testi, correttori di bozze, rilegatori, corrieri, contabili. In breve tempo si affermano come la maggiore impresa tipografica della Francia e fra le più grandi aziende francesi in assoluto: All’interno ospitano una biblioteca, una libreria, una cappella, una legatoria, una fonderia, un emporio, un atelier artistico e l’appartamento di Migne.

Tutto nasce all’insegna del rapporto qualità-prezzo: si tratta di offrire «du bon, à bon marché» . Per ottenere questo risultato, occorrevano innanzi tutto impianti moderni, con l’innovativo utilizzo di macchine a vapore. Più ancora, si imponevano ritmi di lavoro molto elevati. Il sogno di Migne sarebbe stato trasformare la fabbrica in una specie di monastero, ove si lavorasse e si tacesse l’intera giornata. In questo senso aveva addirittura proposto ai benedettini di Solesmes di installare presso di lui 12 monaci e 100 conversi, impegnandosi al loro mantenimento. Poiché la proposta era caduta nel vuoto, dovette rassegnarsi ad assumere dipendenti laici. Nell’azienda vennero attribuiti ruoli di responsabilità a vecchi rifugiati politici della Rivoluzione francese e delle Rivoluzioni del 1830 e 1848, e a preti con problemi disciplinari, sgraditi alla gerarchia ecclesiastica o in contrasto con essa, talvolta sposati e con figli. In questo modo Migne poté costruire una rete di collaboratori assolutamente fidati. Egli stesso vigilava direttamente sull’impresa, lavorando sedici ore al giorno e ricevendo visite solo dall’una alle due del pomeriggio. Mai un giorno di vacanza, diceva messa solo la domenica.

Nel 1844 cominciò ad uscire l’Enciclopedia teologica. Considerata oggi, essa appare come l’ultimo tentativo di mantenere in vita un sistema del sapere legato al cattolicesimo di Antico Regime. Intendeva competere con l’Encyclopedie di Diderot e D’Alambert e, per quanto riguarda le scienze storiche, con la Storia della Francia che Jules Michelet pubblicava negli stessi anni. La finalità ideologica era chiaramente restauratrice, e la nicchia di mercato pareva garantita. E tuttavia, l’impresa giungeva tardi, e presentava elementi di debolezza: da un lato, la fragilità intrinseca degli articoli riguardanti quegli ambiti storico-religiosi che avrebbero dovuto invece proprio caratterizzarne il profilo; dall’altro, la sua marginalità rispetto alle grandi istituzioni culturali parigine. I contributi scientifici vennero da centri intellettualmente ormai in declino, come la facoltà di Medicina di Montepellier, o da istituzioni culturalmente attardate, società di eruditi di provincia e seminari ecclesiastici.

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Per la diffusione della «Biblioteca universale del clero» Migne mise in opera strategie e strumenti pubblicitari innovativi. I contemporanei lo definirono «il Napoleone dei prospetti». I prospetti erano fascicoli di poche pagine, diffusi in migliaia. di copie per reclamizzare un’opera prima della pubblicazione e per raccogliere sottoscrizioni. L’idea non era certo nuova ma fu attuata con spregiudicatezza. Per accreditare il prodotto, i prospetti contenevano pareri superlativi sull’opera pubblicizzata, sottoscritti da autorevoli personalità; direttori di riviste, vescovi e prelati. Colpisce in questi pareri il ricorrere di espressioni e termini simili fra loro e simili alla prosa di Migne. L’analisi di una sua lettera a un celebre giornalista ha recentemente consentito a uno studioso americano, Howard Bloch, di fornire una convincente spiegazione. Individuato un possibile testimonial, l’imprenditore gli chiedeva di sottoscrivere alcune espressioni che egli stesso gli inviava, e di aggiungere ad esse qualcosa di proprio. In cambio, offriva in omaggio pubblicazioni. Almeno alcuni degli autorevoli pareri espressi a favore della Biblioteca sono dunque usciti dalla sua penna.

Per quanto riguarda le Patrologie, prima ancora di far partire i prospetti pubblicitari Migne invia a 5.000 preti francesi un formulario, chiedendo a ciascuno di segnalare, per una serie di opere indicate, il miglior commento, la migliore edizione disponibile e i suoi difetti. Oltre ad ottenere informazioni utili, prepara in questo modo il suo pubblico, lo coinvolge in una sorta di anonimo comitato editoriale e lo spinge così all’acquisto di un’opera che ciascuno potrà credere realizzata anche grazie al proprio parere.

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L’idea delle due Patrologie – collezioni di testi cristiani greci e latini, antichi e medievali, dei generi più disparati – venne a Migne dall’abate benedettino di Solesmes, dom Guéranger, cultore della liturgia romana (in opposizione alle tradizioni e agli usi gallicani della Chiesa di Francia) e banditore della restaurazione di un Medioevo ierocratico, in chiave risolutamente antimoderna. La collaborazione con dom Guéranger e con il suo braccio destro, dom Pitra (altro grande erudito, divenuto più tardi cardinale, che schizzò in pochi giorni il piano generale delle due collezioni), resistette poco più di un anno, il tempo di allestire i primi quattro volumi della Patrologia latina. Il rapporto si incrinò quasi subito, quando i due monaci non riuscirono ad ottenere alcuna modifica nel frontespizio della collana; di cui disapprovavano completamente l’impianto. Continuarono però a dare consigli all’editore, pur lasciando ogni responsabilità diretta nella conduzione dell’impresa.

La preparazione di nuove edizioni critiche richiedeva (e richiede) tempi lunghi, non sempre determinabili con precisione. Se Migne avesse voluto mettere in cantiere un’impresa del genere, si sarebbe presto bloccato. Ma egli si sentiva un imprenditore, non certo un filologo o un uomo di scienza. A Dübner che tardava nel consegnargli le note al De civitate dei, fece sapere che se non fossero arrivate al più presto avrebbe dovuto licenziare entro pochi giorni sessanta tipografi. Le dimensioni dell’azienda imponevano ritmi regolari di produzione, occorreva tenere impegnati costantemente gli operai e le macchine. Decise perciò quasi immediatamente di ristampare di ciascun testo l’edizione migliore reperibile sul mercato antiquario, appropriandosi all’occorrenza di opere ancora in catalogo presso altri editori. Si trattava di una scelta pragmatica e apparentemente di basso profilo culturale: essa richiedeva infatti cercatori di libri e buoni correttori di bozze, più che validi storici e filologi.

Migne ne era ben cosciente: egli magnifica i propri correttori, impegnati a controllare cinque giri di bozze, sfida i lettori a scovare refusi e si impegna a pagare 25 centesimi per ogni errore eventualmente scoperto nei volumi già stampati.

La prospettiva non pare molto diversa da quella del «giornale riproduttore». In questo caso, però, i materiali riprodotti avevano ben altro valore, e ciò assicurò all’impresa una straordinaria fortuna, che ancora dura. Proprio in Francia gli studi storici e filologici avevano raggiunto grandi risultati fra Seicento e Settecento, in particolare grazie ai benedettini della Congregazione di San Mauro. Questo e altri centri di studi eruditi erano stati spazzati via dalla Rivoluzione francese e non si erano ripresi durante la Restaurazione. Migne evitò di mettere in cantiere nuove edizioni o rifacimenti, che sarebbero stati inevitabilmente raffazzonati e inferiori rispetto ai grandi modelli del passato. Tutto ciò che poteva fare era ricercare la migliore edizione esistente di ciascun testo, ristamparla e così tentare di preservare l’immenso patrimonio della Tradizione, per consegnarlo alla posterità.

L’impresa risultò importante non solo per la salvaguardia di una serie di testi che altrimenti sarebbero rimasti dispersi e sempre meno accessibili agli studiosi. Nel secolo XX le Patrologie hanno facilitato e stimolato la ripresa di interesse per interi settori di studi, in particolare per i Padri della Chiesa e per i primi secoli del cristianesimo. Paradossalmente, da due nostalgici dell’Ancien Régime come Migne e Guéranger è venuto un contributo fondamentale al rinnovamento, culminato nel Concilio Vaticano II, degli studi storici-religiosi, della teologia e della coscienza ecclesiale.

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Fra l’una e le due del mattino del 13 febbraio 1868 gli Ateliers catholiques presero fuoco. Nonostante l’intervento dei pompieri, i capannoni andarono in buona parte distrutti e con essi notevoli quantitativi di clichés e di volumi. Le circostanze dell’incendio non vennero mai del tutto chiarite. Con tutta probabilità si trattò di un incendio doloso. Migne dichiarava di sospettare di alcuni lavoratori scontenti, il custode lasciò invece intendere che si doveva sospettare del padrone stesso…

Al momento dell’incendio le due Patrologie erano di fatto compiute. L’ultimo volume della Patrologia greca era già impaginato, ma non ancora stampato (uscì comunque); dei sei volumi previsti degli indici della Patrologia latina, quattro erano già felicemente usciti. Solo gli ultimi due erano ancora in stampa; clichés e bozze andarono persi nell’incendio, e a questa perdita non si poté rimediare.

Singolare coincidenza: per ultimare il tutto sarebbero occorse non più di due o tre giornate lavorative. Quanto al rimborso assicurativo, la battaglia legale si trascinò per anni. La propaganda rivolta ai prestatori non era stata veritiera: i contratti impegnavano le diciotto compagnie alla copertura di soli tre quarti del rischio. Alla fine, gli venne riconosciuto un indennizzo abbastanza modesto. Era troppo poco per ripartire, ormai era vecchio. L’imprenditore era finito la notte dell’incendio, l’uomo scomparve nel 1875.

Gian Luca Potestà, «Jacques-Paul Migne editore. L’abate nemico dei Lumi», in “la Repubblica”, giovedì 14 settembre 2000, pp. 40-41.

Foto di apertura: Jacques Paul Migne / youtube.com A seguire: Vittore Carpaccio, «La visione di Sant’Agostino» / rai.it Bartolomeo Cincani (Montagna), San Girolamo nel deserto (1500-1502), olio su tavola, Pinacoteca Brera (MI) / pinacotecabrera.org Origene, «Un gigante tra i Padri della Chiesa» / it.wikipedia.org